“La felicità è uno stato interiore, uno stato dell’anima presente in ognuno di noi e non una meta da raggiungere”. Fin dalla notte dei tempi, innumerevoli personalità del mondo dell’arte, della filosofia, della psicologia e della letteratura hanno scritto libri e trattati su cosa fare per essere felici.
Ognuno, con la propria formazione professionale o (de)formazione professionale, ha provato a dare la propria opinione in merito a questo millenario argomento.
Alcuni ci suggeriscono di trovarci sempre qualcosa da fare, altri di seguire il nostro istinto, oppure ci fanno credere che avere maggiore denaro ci porterà ad essere sempre più felici. Certo, il denaro è un mezzo importantissimo ma se utilizzato per aumentare la nostra sensazione di felicità condividendo i nostri momenti con amici e familiari.
Importantissimo è, altresì, considerare se si è in un processo evolutivo, inteso come la ricerca personale o professionale. Uno degli strumenti molto validi è di trovare conversazioni con noi stessi e con gli altri, portando un senso concreto e significativo alla nostra evoluzione.
Certo, ci sono altri aspetti come: il perdono, il saper lasciare andare, il saper sorridere e ridere di sé stessi e trovare anche il bello in un lavoro o nelle cose che non ci piacciono.
Dobbiamo sapere che noi siamo, più di tutto, come il riflesso della natura; a volte piove e fa freddo, a volte c’è il sole, a volte c’è il buio, a volte si può percepire il calore sui nostri volti e a volte si può sentire freddo. L’importante è portare la consapevolezza dentro di noi e trovare il giusto equilibrio, dare la sensazione alla nostra vita di mantenere una certa costanza verso la felicità. Ma come fare? Esistono dei codici per la felicità? Ebbene Si!
Alcuni “studiosi dell’anima” sono andati a sondare il mondo delle immagini; sono andati a cercare nel mondo antico e nel mondo moderno. Ognuno di noi può avere delle immagini di diverso tipo in cui si identifica, in cui si sente protetto e al sicuro, ma riuscire ad immaginare “l’acqua” ha un effetto assai potente per il nostro benessere psicofisico e per la nostra felicità.
I maestri dell’anima dicono di affidare qualunque cosa che ci capita e qualsiasi dolore all’acqua. Affidarsi, nel mondo delle immagini, “all’acqua” significa riuscire a vedere (anche se solo per un istante) tutte le cose che non ci piacciono fluire nell’acqua portandole lontano da noi, così come fa un fiume che porta via tutto ciò che vi entra.
Se noi sapessimo quanto è importante chiudere gli occhi e immaginare l’acqua che porta via, lontano da noi stessi, tutte le cose che accadono e tutte le nostre sensazioni; se sapessimo che, proprio in quell’istante d’immaginazione, ci avviciniamo al pensiero più antico, più profondo, più intelligente sulle leggi interiori della nostra essenza, allora le nostre immagini dell’acqua diventerebbero le nostre compagne di viaggio.
Insomma, se riusciamo ad immaginare l’acqua che fluisce, allora possiamo anche intravedere la nostra sorgente, perché non esiste fiume che non abbia la sua sorgente. Immaginare la propria sorgente è un modo importante per risvegliare le leggi della nostra identità innata; in fondo noi siamo nati da una sorgente e continuiamo a svilupparci dentro questa sorgente inesauribile che sa dove condurci.
Quindi, uno dei codici per la felicità è sviluppare dentro di noi delle immagini acquatiche, che sono quelle più profonde e più antiche della nostra essenza; se riusciamo poi a vedere il nostro passato fluire nell’acqua che lo porta lontano da noi, allora la felicità arriverà spontaneamente nella nostra vita.
“Continua a fluire, a muoverti, a scorrere di più; più sei simile ad un fiume, più ti avvicinerai all’oceano” (Osho)