Molte ricerche rivelano che il raggiungimento della felicità ha poco a che fare con i beni materiali o a grandi imprese, il tutto si riduce a quale tipo di approccio abbiamo nei confronti della vita e alla qualità dei nostri rapporti.
Negli anni ’70 dei ricercatori seguirono delle persone che avevano vinto alla lotteria ed erano felicissime; a distanza di un anno scoprirono che, quelle stesse persone, non erano affatto felici. Questo fenomeno prende il nome di “adattamento edonistico” e suggerisce che ognuno di noi ha un livello base di felicità, indipendente da ciò che accade (buono o cattivo che sia).
Secondo questi ricercatori, l’effetto sulla nostra felicità è temporaneo, una volta terminato, l’essere umano tende a ritornare al proprio livello base. Alcune persone hanno un “livello” alto di felicità e questo dipende, in parte, da fattori genetici ma influenzato, soprattutto, dalla maniera in cui noi pensiamo.
Quindi, la domanda nasce spontanea: ma noi siamo veramente felici per tutta la felicità che ci spetta, oppure ne escludiamo una gran parte, perché abbiamo un atteggiamento mentale che è inadatto a far arrivare la felicità?
La scienza dice che dentro di noi, nella parte più profonda del cervello (nelle fondamenta), ci sono dei punti luminosi, creativi, che sgorgano e producono felicità spontaneamente; ma allora perché molte persone non sono felici? Perché disturbano questa sorgente che sta emettendo onde di felicità!
Questa sorgente viene disturbata ogni volta che continuiamo a dirci come dobbiamo essere, a ripeterci il problema della nostra vita, a dirci i propositi che abbiamo in mente o a non andarci mai bene; così facendo non facciamo la cosa più importante che c’è da fare e che è “riposare dentro noi stessi”.
Ma cosa vuol dire “riposare dentro noi stessi”? La cosa più importante e decisiva, per il nostro benessere psicofisico, è ricordarsi che la piattaforma del nostro essere sono: le fantasie, le immagini, i sogni ad occhi aperti, i desideri; in pratica tutto ciò che riguarda il mondo creativo del cervello giovanile.
Allora il tema di fondo è imparare dai bambini. I bambini hanno una grande dimestichezza ad utilizzare le immagini, infatti quando c’è un problema si mettono a giocare, cambiano personaggio (immaginando di essere qualcun’ altro) o entrano nel mondo dei sogni.
La felicità è piantare, costantemente e continuamente, un fiore dentro noi stessi e domandarsi ogni mattina di quale immagine abbiamo bisogno.
Alcuni di noi potranno avere l’immagine di un animale affine che li coccola, altri di una fontana, di un prato, di un albero che li accudisce, di indossare un vestito più adatto alla propria natura, di un gioiello, di un profumo che li rappresenta e che sia proprio il suo.
Insomma, possiamo avere al nostro fianco la persona dei nostri sogni e avere tutti i soldi di questo mondo ma se non c’è nel nostro immaginario un fiore che ci è affine, se non c’è un profumo che ci sostiene, se non c’è quello stato di vuoto (di assenza di sé) che ci conduce verso “un qualcosa” a noi sconosciuto, allora la nostra vita sarà una vita basata sulle abitudini e che non ha nulla a che vedere con in nostro benessere psicofisico e con la nostra felicità.
La felicità ce la possiamo procurare spontaneamente distraendoci dai problemi; la distrazione porta l’immaginario a trovare le soluzioni.
Esiste una sorgente inesauribile nel nostro cervello che, se non disturbata, ci farà incontrare l’uomo o la donna di cui abbiamo bisogno, ci farà trovare il lavoro che più ci piace e farà in modo di attirare nella nostra vita tutto ciò che ci renderà davvero felici.
C’è in ognuno di noi una fonte di energia felice, un’onda d’acqua infinita che ci abita e che si produce spontaneamente a patto di smettere di riempire il nostro cervello di pensieri, di progetti, di critiche e di ragionamenti; tutto questo significa “riposare dentro noi stessi” e così facendo la felicità sarà sempre a portata di mano.
“Bimbo mi chiedi cos’è l’amore? Cresci e lo saprai. Bimbo mi chiedi cos’è la felicità? Rimani bimbo e lo vedrai…” (Jim Morrison)