Uno dei temi più importanti per la vita degli esseri umani è l’amore. Se chiedessimo ad una persona qualsiasi quale sarebbe la condizione per una vita felice, quasi certamente risponderebbe che nella sua vita fiorisca l’amore.
L’amore e la felicità, in un certo senso, sono sinonimi. Bisogna però capire bene cosa si intende per “amore”, vale a dire, cosa l’amore significa per noi, dato che il su significato varia a seconda delle culture. Nei significati più semplici, l’amore lo si può intendere come: donazione di sé, generosità, cura di sé e dell’altro/a, ma può essere anche possesso e dipendenza.
Quando l’amore assume le tonalità di possesso, di dipendenza, di attaccamento o dell’amore “condizionato”, non dovremmo più parlare di “amore”. Quando si parla di “amore condizionato” e cioè, di amore a condizione di qualcosa, dovremmo avere il coraggio di dirci che non è più amore dato che l’amore non è compatibile con il possesso, con la dipendenza e con le “condizioni di amabilità”.
Eppure, le “condizioni di amabilità” sono strutture che, purtroppo, quasi tutti abbiamo interiorizzato. Ad esempio: io posso amare se davvero sono realizzato nel lavoro, altrimenti sarò infelice; io posso amare solo se trovo l’uomo o la donna giusta; io posso amare solo se sono in perfetta salute e così via. Quindi, noi possiamo amare ed essere felici solo se si verificano delle condizioni che non sempre, anzi quasi mai, sono sotto il nostro controllo. L’amore condizionato è di per sé una “contraddizione interna”.
Le “condizioni di amabilità” sono delle vere e proprie “condizioni di infelicità” e, tra l’altro, le “condizioni di amabilità” non potranno mai essere soddisfatte per la loro natura; sarebbe come tentare, per tutta la vita, di sollevarsi in aria tirando su, con le proprie mani, un piede: non è possibile. Nonostante questo, la maggior parte di noi dedica gran parte della propria vita a risolvere questo enigma impossibile.
“L’amore condizionato” è parte della nostra educazione genitoriale e sociale; questo messaggio è stato veicolato quando, da bambini, ci veniva detto: devi fare il bravo bambino, non devi piangere, non devi arrabbiarti, non devi essere triste. Da adulti, noi genitori, facciamo lo stesso con i nostri bambini. Così facendo, noi cerchiamo con i nostri figli di indirizzare il loro comportamento e qualche volta, ovviamente, ci riusciamo, ma condizioniamo, da una parte, un comportamento che può essere anche corretto, ma dall’altra priviamo il bambino della risorsa fondamentale della sua vita e cioè della sua capacità di amare. Questo accade perché noi siamo in grado di amare nella stessa misura in cui siamo stati amati… né più né meno.
Il simbolo dell’amore è il sole, simbolo perché ne ricorda la struttura fondamentale: il sole irradia luce e calore in tutte le direzioni. ma può esistere un sole che irradia luce che non è esso stesso luminoso? Può esistere un sole che irradia calore che non è esso stesso pieno di calore? Se andiamo a vedere l’Universo fisico, noi scopriamo che nel centro del sole c’è il massimo di calore possibile. Noi crediamo di poter amare una persona, senza poter amare noi stessi; è chiaro che siamo fuori dal vero concetto di “Amore”. Se il simbolo dell’amore è il sole, il sole non può illuminare altri pianeti o altra stelle se non nella misura in cui lui è luminoso e caldo. Ebbene, questa verità così semplice ed elementare, sfugge alla maggioranza degli esseri umani; sfuggendo a questa verità così ovvia, finisce che si creino delle condizioni di infelicità.
Ma cosa vuol dire amare una persona? Vuol dire, in primo luogo, riconoscerla così com’è, in tutte le sue circostanze, in tutte le sue sfaccettature, in tutte le sue caratteristiche senza condizioni e senza giudizio; per amare davvero bisogna, però, prima imparare ad amare se stessi. Ogni essere umano, così come tutti gli esseri viventi, ha un certo quantitativo di energia vitale, se l’80% di questa energia viene spesa per soddisfare le “condizioni di amabilità” che non possono essere soddisfatte, ne rimane un 20% per un utilizzo creativo. Per riuscire ad imparare ad amare sé stessi bisogna liberare quell’80% di energia vitale sottoposta alle “condizioni di amabilità”, in modo da avere a disposizione il 100% della nostra energia vitale per essere ciò che siamo e cioè degli esseri umani estremamente creativi e parti integranti dell’Universo.
Amare se stessi vuol dire conoscersi e finché c’è giudizio non ci si può conoscere, vuol dire riuscire a vedersi dall’esterno ed accettare incondizionatamente tutti i lati del nostro carattere, soprattutto, quelli che non ci piacciono; l’accettazione positiva incondizionata di tutto ciò che siamo, genera serenità e amore incondizionato verso se stessi.
Imparare ad “Amare” è un vero e proprio lavoro, ma è anche il più grande dono che possiamo fare agli altri e a noi stessi; solo chi lo fa veramente è in grado di raggiungere livelli di coscienza superiori, dove il concetto di “Unità” è il principio fondamentale per la nostra felicità ed il nostro benessere psicofisico.
“Ci sono tre cose veramente dure: l’acciaio, il diamante e conoscere sé stessi”.
(Benjamin Franklin)