Ci troviamo a vivere in un’epoca in cui l’evoluzione dell’essere umano non dipende solo dall’utilizzo della tecnologia, ma si riconosce anche a livello spirituale ed emozionale; ora, più che mai, è necessaria un’educazione basata sulla “consapevolezza”.
È in atto una vera e propria rivoluzione delle coscienze alla ricerca della felicità ed il “Perdono” è uno degli strumenti che abbiamo a disposizione e che ci consente di superare la percezione che possa esistere qualcosa separato da noi stessi. Uomo e natura non sono due cose distinte, né l’uomo né gli altri suoi simili; siamo tutti collegati e intimamente connessi all’Universo.
Per conoscere e saper perdonare, bisognerebbe prima capire cosa non è il perdono.
Il perdono non è dimenticare né, tantomeno, rimuovere; anzi, il presupposto essenziale per il perdono è aver ben presente ciò che è successo. Perdonare non è una reazione e non consiste nel subire senza reagire; non si perdona per superiorità né per sofferenza di un senso di colpa.
Il perdono non è un atto puntuale, ma è un processo, a volte molto lungo, attraverso il quale, la persona prende consapevolezza di come liberarsi dalla sofferenza, dalla radice della propria percezione e, anziché agire spinto dall’odio, dalla rabbia e dal risentimento, agisce non più reattivamente ma proattivamente. Agire proattivamente significa che la persona esterna la sua condizione di centratura, di chiarezza ritrovata, con delle intenzioni completamente diverse da quelle iniziali. Una delle definizioni più belle del perdono è: un modo di camminare nella gratitudine, nella consapevolezza e anche nell’amore.
Si dice che scegliere il perdono “conviene”, basti pensare ad una frase di Buddha che dice: “perdona gli altri, non perché essi meritano il perdono, ma perché tu meriti la pace”. In effetti, la “convenienza” del perdono riguarda diversi livelli: prima di tutto il nostro benessere psicofisico. Ci sono delle ragioni profondissime nell’introdurre il perdono come strumento di salute, di equilibrio in tutte le relazioni; sia nella sfera personale che in quella sociale.
Le scienze moderne e le neuroscienze hanno dimostrato che, con il perdono, il nostro cervello lavora nel modo corretto.
Durante il processo si attiva la corteccia parietale inferiore, aumentando la capacità di empatia, e la corteccia prefrontale, ampliando le nostre prospettive e cambiando anche i nostri punti di vista; la zona del precuneo si modifica, insegnandoci a vedere gli altri come parte di noi stessi. Il cervello diventa così come un vero e proprio organo della felicità. I benefici di cui potremmo godere, praticando il perdono, andranno a favore del nostro sistema immunitario, del nostro sistema circolatorio/cardiovascolare e a favore del nostro sistema nervoso.
Oltre alle ragioni di benessere della qualità di vita, ci sono anche ragioni più profonde come quelle esistenziali e spirituali: il perdono è un vero e proprio percorso completo per la comprensione di se stessi e degli altri. Questo percorso, in primo luogo, parte dall’ammissione di quello che si sente e che si prova e dalla trasformazione di ciò che si sente e che si prova. Indubbiamente, il perdono è collegato alla giustizia, dove non si parla più di punizione ma di educazione alla consapevolezza. Questo significa che gli individui vengono educati, non attraverso la punizione per un errore compiuto, ma attraverso la presa di coscienza di cosa mancava per aver commesso quell’errore.
Bisognerebbe introdurre il “Perdono” come materia di studi a partire dalle scuole elementari, perché, praticandolo fin da piccoli, avremmo dei canali neuronali dell’empatia sviluppati, ed è chiaro che si ridurrebbe la necessità di fare del male agli altri, poiché sentendo il dolore dell’altro, non si è più spinti in quella direzione. C’è da dire, anche, che la cosa più difficile, riguardo al perdono, è riuscire a perdonarsi nel momento in cui riconosciamo i nostri errori e le nostre colpe. Perdonarsi perché i sensi di colpa distruggono, letteralmente, le persone. Inoltre, la disponibilità al perdono verso gli altri, parte prima dalla capacità di essere disposti a perdonare sé stessi.
Il perdono è un “dono – per” donare amore, è un atto di amore, soprattutto, verso se stessi. Perdonare presuppone un amore incondizionato verso se stessi, attraverso il quale ci liberiamo della prigione creata dalla nostra mente razionale e ci eleviamo a livelli di coscienza superiori. Perdonare è, anche, un atto “Catartico”, perché trasforma noi ma anche chi viene perdonato e quindi agisce sulla coscienza collettiva; coinvolge noi in prima persona, ma poi si riflette su tutto, per cui è una trasformazione del “Tutto” di cui noi siamo parte integrante.
Il perdono non è un atto di volontà, ma è un atto del cuore e per arrivarci bisogna entrare nel dolore che è la prima fase, quindi accogliere quello che sentiamo, capire che siamo tutti condizionati e che chi ci fa violenza è perché l’ha subita.
Perdonare è una prova assai difficile, che non tutti sono disposti a fare, ma è anche un’opportunità che la vita ci offre, per abbandonare la razionalità e lasciare che il cuore parli, perché il perdono, altro non è, che un moto del cuore.
“Il perdono libera l’anima, rimuove la paura, ed è per questo che il perdono è un’arma potente”. (Nelson Mandela)