Nel più profondo del cuore, la cosa che più ardentemente desideriamo è la felicità. Consciamente o inconsciamente, l’oggetto di ogni nostro sacrificio è vivere una vita intensa d’amore e di felicità. Ogni giorno ci sforziamo e soffriamo per la felicità, senza di essa tutta la nostra vita sembra essere vuota e priva di significato. Nessun prezzo sarebbe troppo alto e nessun sacrificio troppo grande, se solo potessimo essere sicuri di ottenerla.
I soldi non comprano la felicità, ma alcune ricerche scientifiche hanno dimostrato che gli oggetti hanno il potere di prolungare la sensazione di felicità. Regalare un gioiello, ad esempio, significa regalare un oggetto unico che rappresenta l’eternità e la bellezza; chi lo riceve prova un senso di felicità legato al gesto romantico che c’è dietro.
Non esiste una ricetta perfetta per la felicità poiché essa è soggettiva e varia da persona a persona ed ognuno deve trovare la propria. La felicità è qualcosa che si impara e bisogna stare attenti a non commettere errori. Ci sono momenti in cui ci illudiamo che il possesso fisico di un oggetto possa renderci felici nel lungo termine, ma i ricercatori della Cornell University di Ithaca (New York) hanno riscontrato che le cose nuove sono eccitanti e gradevoli nel breve termine, mentre l’apprendimento di una nuova abilità o un bel viaggio sono più gratificanti in quello lungo.
Quando siamo scontenti, infelici o quando la nostra vita non ci piace, ci diciamo in continuazione la nostra vita non va bene per questo o quel motivo e che tutto sarebbe diverso se, al contrario, accadessero determinate cose. Bisogna, invece, soffermarsi sull’energia nuova che, incessantemente, si forma dentro di noi e che ci porta automaticamente alla felicità. “Goethe” (poeta, drammaturgo, scrittore, musicista e filosofo) diceva che, quando facciamo un viaggio, la meta o la destinazione non è, come pensiamo noi, un luogo a cui arrivare ma è semplicemente un modo di cambiare il nostro atteggiamento mentale.
Nella vita siamo nati con un compito ed esso non è crescere bene, diventare persone di successo e realizzate; il nostro compito è imparare a stare con noi stessi in modo tale da produrre la massima quantità di felicità. Per capire questo concetto basti pensare all’uva: chi lo direbbe che da un grappolo d’uva fatta fermentare si arrivi al vino?. E chi direbbe che dentro di noi c’è una fermentazione che si chiama felicità che possiamo produrre?. Affinché l’uva diventi vino ci vogliono determinati passaggi, stessa cosa per quanto riguarda la produzione di felicità. Il primo passo è rendersi conto che noi non abbiamo un futuro da sviluppare, ma vedere, semplicemente, se ci sono dentro di noi degli aspetti che non stiamo sfruttando o che stiamo rifiutando. È altresì importante non soffermarsi a lungo sui propri problemi perché essi vengono generati da una mentalità che è la stessa che crea l’infelicità. Ciò che ci deve interessare è l’immagine che caratterizza ognuno di noi: le nostre qualità.
Se ci facciamo caso, quando siamo sofferenti e infelici, è sempre lo stesso personaggio che stiamo recitando e il problema è sempre lo stesso: una cosa non realizzata, un amore tramontato o un amore che non funziona. Se il problema è sempre lo stesso, vuol dire che non è nostro, è un’idea che ci siamo fatti noi di caricarci sulle spalle un problema che era di altri e che abbiamo fatto nostro; magari era di nostro fratello, di nostra madre, di nostro padre, di nostra moglie o del nostro amante, ma non è mai il nostro.
Se partissimo da questo presupposto e considerassimo che c’è un’immagine di noi che ci sta seguendo, ci sta curando, ci sta sviluppando e che questa immagine è sconosciuta; se imparassimo a parlare meno di noi e a non soffermarci solo su ciò che ci è strettamente collegato, automaticamente, in questo senso di estraneità arriverebbe, senza saperlo, la felicità. La felicità non arriva per un motivo preciso, ma dal fatto che stiamo riuscendo a stare con noi stessi senza alcuna aspettativa: questo è “fidarsi si se stessi”. C’è un personaggio dentro di noi che non corrisponde al percorso che stiamo facendo o che crediamo di fare e che non corrisponde alle nostre aspettative, ma che regala tanta felicità, a patto di dargli spazio.
“Vuoi essere felice? Viaggia con due borse, una per dare, l’altra per ricevere”. (Goethe)